Fiorentina-Juventus (analizzato qui) è stato teatro dell’ennesimo scontro tra le due scuole di pensiero del mondo del calcio. La costante ricerca della bellezza, nei suoi pregi e difetti, contro la spietata efficacia del difensivismo. Max Allegri ha avuto la meglio con il suo cavallo di battaglia, mostrandoci ancora una volta “il bello di esser brutti”.
Con la vittoria per 0-1 ai danni della Fiorentina di Italiano, Max Allegri ha raggiunto quota 24 successi con tale risultato su 119 partite disputate nella sua seconda gestione alla Juventus, ovvero il 20%. Numeri che parlano da soli, sinonimo della filosofia calcistica del livornese. Se spesso negli ultimi anni l’idea di Allegri sembrava pressoché superata, in questa stagione la Vecchia Signora sembra essersi riabituata a vincere le partite anche in questo modo. Dopo la pesante sconfitta per 4-2 a Reggio Emilia contro il Sassuolo, qualcosa è cambiato negli ingranaggi bianconeri. Gli uomini di Allegri hanno imparato la lezione e non hanno subito nemmeno un gol nelle ultime 6 partite, diventando la miglior difesa del campionato.
Se la Juventus sembra aver riscoperto l’arte del difendere e colpire in contropiede, il merito è anche, almeno in parte, dell’avversario. Un esempio lampante è proprio il match di domenica sera al Franchi, in cui di fatto la Fiorentina di Italiano è caduta nella trappola di Max Allegri. Le squadre come la Viola sono di fatto pane per i denti dei bianconeri, abilissimi nelle respinte da cross e nella difesa contro compagini che amano tenere il pallone. La Fiorentina sin da subito ha provato a costruire gioco, confezionando un numero estremamente elevato di lanci dentro l’area, ma che di fatto non sono mai risultati pericolosi. La Juve è stata spietatamente cinica, come dimostra proprio la statistica sui cross: 6 contro 50, di cui 23 partiti dai piedi di Biraghi, mentre appena 2 di Kostic, a cui però sono bastati per realizzare un assist. Questo conduce inevitabilmente ad una riflessione: siamo sicuri che giocare bene a volte sia giocare meglio? Per evitare fraintendimenti è bene specificare che è sempre piacevole vedere una squadra eseguire una manovra corale, con movimenti costanti di tutti i giocatori, passaggi corti e veloci e bellezza nelle giocate. Ciò che si intende è l’efficacia nella singola partita. Allegri, in questo, ha dimostrato di aver letto meglio il match rispetto ad Italiano, allenatore moderno di cui si ha grande stima. Il tecnico della Fiorentina ha però compiuto esattamente ciò che voleva il mister bianconero, che non aspettava altro che tanti cross per le respinte dei suoi tre totem difensivi. Anche il dato sulle spazzate rende l’idea: 60 a 9. Questi numeri, uniti a quelli sui lanci in area, dimostrano come anche se si fosse giocato per altri 90 minuti, il match sarebbe probabilmente terminato 0-2 per i bianconeri.
La seconda considerazione che emerge è se sia effettivamente semplice giocare come la Juventus di Allegri. Il gioco moderno, evolutosi tra i vari Michels, Cruijff, Sacchi e Guardiola, ha rivoluzionato il mondo del calcio. Questo tipo di calcio, nelle ovvie differenze tra gli allenatori, fatto di movimento, ruoli mai realmente definiti e manovra corale, è ammirato ed imitato da moltissimi tecnici. Un esempio è lo stesso Italiano, Spalletti, De Zerbi e in campo internazionale Xabi Alonso, tra gli altri. La preparazione delle partite è cervellotica, studiata nel minimo dettaglio al fine di tenere palla e recuperarla il prima possibile, per dettare il ritmo del match. Squadre come il City di Guardiola vivono alimentate dal possesso del pallone e dalla filosofia dell’attacco come miglior difesa. Se questo tipo di calcio è estremamente complicato da preparare tatticamente, è bene menzionare anche l’esatto opposto. La filosofia di Allegri, per quanto risulti meno esteticamente bella rispetto a quella dei tecnici sopracitati, è altrettanto difficile da eseguire alla perfezione. L’attenzione difensiva deve essere totale, ogni giocatore deve sacrificarsi per la squadra. Le giocate semplici sono la linfa delle squadre con tale ideologia. Ogni passaggio deve essere il più sicuro possibile, per non rischiare di sbagliare. Il controllo e il ritmo del gioco passano fra i piedi dell’avversario, in attesa di un errore per sfruttare i contropiedi. Realizzare questo tipo di calcio, chiedere maggior sacrificio anche ai giocatori più offensivi, venendo meno in occasioni da gol, è estremamente difficile. Gli interpreti devono essere pronti a non osare, a non cercare la giocata complicata e resistere nei momenti di assedio avversario. Il risultato è, chiaramente, un calcio meno appariscente e bello, ma allo stesso modo efficace nella ricerca della vittoria.
In conclusione, esiste davvero un metodo più o meno giusto per vincere? A rispondere è direttamente un maestro del pallone, che ha cambiato con la sua ideologia, il modo di giocare a calcio, interpellato a Cuneo un mese fa all’evento Dialoghi sul Talento:
“Questo è un discorso antico. Pensi che Allegri voglia vincere e De Zerbi no? Allegri pensa di farlo alla sua maniera e l’altro alla sua. Tutti gli allenatori vogliono vincere, nessuno pensa solo al bello e dice che non gli interessa vincere. Non ho mai visto un allenatore che non vuole vincere o un giocatore che non vuole giocare bene. Sono modi di interpretare il calcio”. Pep Guardiola
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