Emanuela Simonella nata a Genzano di Roma il 12/05/98. Da sempre appassionata di letteratura e scrittura, si diploma al liceo classico e poi si laurea in Filosofia presso La Sapienza di Roma. Parallelamente porta avanti lo studio della danza classica e di altre discipline come il pilates, di cui attualmente è insegnante. Nel 2023 partecipa a Reazione a Catena, capitando il trio de “I Tarallini” in diverse puntate e concedendosi l’onore di annientare i campioni uscenti più longevi dei “Dai E Dai”.
Secondo te, che effetto hanno i pregiudizi di molte persone (uomini soprattutto) secondo cui il calcio o alcuni sport in generale siano più “maschili” che adatti alle ragazze, pur essendoci stata una forte crescita della popolarità del calcio femminile sia in Italia che a livello internazionale. Che impatto hanno sulla società le etichette in generale?
“Secondo me stiamo assistendo negli ultimi decenni a notevoli miglioramenti sotto questo punto di vista. Anche lavorando presso un centro sportivo vedo spesso come ci siano molte bambine e ragazze che si avvicinano agli sport tradizionalmente definiti più “maschili”, come le arti marziali, la boxe, la kick boxing o anche il basket e il calcio. Sicuramente gli effetti dei pregiudizi del senso comune sono ancora forti, soprattutto in età preadolescenziale, un periodo nel quale la pressione del giudizio altrui è forte. In realtà, io credo che le etichette siano maggiormente apposte su chi invece, bambino, ragazzo o uomo, scelga di praticare sport e discipline ritenute più “femminili”, come la danza, il ballo in generale, il pilates o lo yoga”.
Etichettare uno sport solo per alcuni o etichettare una persona per qualsiasi cosa non sia in linea con alcuni canoni. Perché, secondo te, ci sono alcuni sport in cui il fatto che a praticarlo siano uomini o donne non comporta differenze a livello di seguito? Ad esempio la pallavolo è seguita in egual misura a prescindere dal fatto che sia maschile o femminile. Stessa cosa la scherma. Altre volte invece, come nel calcio, il seguito è diametralmente differente.
“Le etichette sono sempre esistite in ogni società ed in ogni epoca, per cui credo faccia parte di un processo sociale normale e proprio dell’essere umano in genere. Tuttavia sicuramente al giorno d’oggi assistiamo ad una estremizzazione di questo processo, in quanto siamo costantemente sotto i “riflettori” dei social network, che ci spingono a mostrare ossessivamente ogni lato della nostra esistenza, e a giudicare di rimando quelle altrui”.
Secondo te è giusto sensibilizzare le giovani ragazze ad avere il coraggio di inseguire il proprio sogno anche se va un po’ contro corrente? Quale è il problema ideologico italiano?
“Io non credo che ci sia un problema ideologico, quanto più culturale. Il fatto è che l’Italia dovrebbe rientrare in quella fetta di mondo che rispetta le donne e che ha superato il problema della differenza di genere. La realtà è spesso ancora molto diversa. Noto in generale una regressione di pensiero che ci sta portando a mettere in dubbio i diritti così duramente conquistati dalle nostre madri, nonne e bisnonne. Tutto ciò è preoccupante considerando il fatto che spesso siamo noi donne le prime nemiche di noi stesse in tutto ciò. Servirebbe un po’ più di attenzione all’argomento nelle famiglie e nelle scuole MATERNE ed ELEMENTARI, con l’esempio, non solo con le parole però”.
Quale dovrebbe essere secondo te lo scatto culturale che dovremmo fare? In America il calcio femminile è idolatrato…in Italia facciamo faticar ad arrivare a 100 spettatori negli stadi di femminile. Che ruolo possono avere l’opinione pubblica e i mass media?
“Lo scatto culturale, come dicevo prima, deve partire dalla scuola e dalla famiglia. Molti uomini faticano ancora a pensare che le donne possano godere di una libertà sessuale pari alla loro. Sussiste ancora in molte persone l’idea che “una donna da sola” non può andare di qua o di là, come se avesse un incastro dove deve essere attaccato un altro pezzo, necessario al suo funzionamento. Non si accetta ancora di buon grado l’idea che una donna, anche quando diventa madre, possa ancora avere una vita propria fatta di amicizie, sport, viaggi… quando invece per l’uomo queste abitudini sono generalmente ben viste dalla società”.
“Infine il peso delle faccende domestiche e relative alla cura dei bambini e degli anziani, è ancora troppo spesso non diviso in maniera equa tra uomo e donna, anche considerando che all’arrivo di un figlio è quasi sempre la donna a ridurre le ore di lavoro o lasciare il posto. Tutto ciò influisce in maniera ingente sia sull’ambito sociale che sportivo, in quanto le donne hanno da sempre meno tempo ed energie da dedicare a ciò che è considerato superfluo. Inoltre credo che l’immaginario italiano sia ancora un po’ legato all’idea di “donna angelo” per la quale prendere parte ad attività più “virili” come il calcio sia un qualcosa che rende la donna “meno donna”. Alla fine rimandiamo sempre il discorso al concetto di donna come oggetto, che purtroppo è ancora molto attuale considerati i recenti casi”.
[Fonte foto: Emanuela Simonella]
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