Nell’era del progresso e della lotta per i diritti, cioè quella a cui stiamo assistendo attivamente negli ultimi anni, bisogna ancora – purtroppo – assistere a scene che ci fanno notare quanto certi problemi siano in realtà ancora molto presenti.
Gli stadi sono il luogo dove si vedono maggiormente gli episodi di razzismo. Nelle partite di calcio maschile, dove la presenza di giocatori stranieri di carnagione scura è elevata, poiché in un calcio sempre più fisico e globale sono giocatori molto ambiti, rispondendo alle qualità di velocità e fisicità, si assiste spesso ad insulti discriminatori, anche verso gli italiani di colore.
Il calcio femminile, di contro, è cresciuto e continua a crescere con la purezza della passione delle atlete e di chi le segue, principalmente amici e familiari. Oggi, seguendo le partite della massima serie, possiamo notare incontri che superano i 1000 partecipanti, ma nelle categorie inferiori, come la serie C ad esempio, ci sono numeri nettamente inferiori (dai 30 ai 200 tifosi), anche per via delle strutture che non hanno possibilità di ospitare più spettatori. In alcuni impianti le persone sono in piedi davanti alla recinzione o su piccole gradinate scoperte, quindi la vicinanza al campo di gioco è massima. Quello che viene urlato dagli spalti, raggiunge l’orecchio di tutti, soprattutto delle calciatrici in campo. Per questo, chi segue il calcio femminile di solito è un pubblico che deve prendersi la responsabilità di quello che viene detto.
Il caso di Rafiat Folakemi Sule, giocatrice del Vicenza, non può passare inosservato, e non può essere ignorato.
Durante la partita Vicenza-Jesina, in seguito ad un episodio che ha portato l’espulsione dell’attaccante nigeriana del Vicenza, dagli spalti sono partiti insulti da due genitori di una calciatrice della squadra ospite, un ispettore di Polizia – coloro che dovrebbero difendere e prevenire l’accadere di questi tipo di episodi – e sua moglie, che si sono lasciati scappare parole offensive, facendo riferimento alle sue origini Sudafricane.
In seguito i due, una volta identificati, si sono giustificati con la scusa dell’essersi fatti trasportare dalla foga e dalla rabbia agonistica del momento, negando anche alcune frasi dette, che comunque si possono ascoltare in maniera nitida dal video che il Vicenza ha riportato sui suoi profili social, e che tutti abbiamo ascoltato.
Le calciatrici devono già avere a che fare con la discriminazione tra generi, che le vede combattere da sempre per raggiungere la parità di diritti dei colleghi uomini, ricevendo insulti sessisti anche da chi invece dovrebbe tutelarle. Ora sono anche costrette a sopportare i casi di razzismo.
Possiamo anche dire ironicamente che il razzismo negli stadi è superato, ma purtroppo i casi aumentano a dismisura quando si passa sui social, dove lì le persone possono nascondersi dietro bot e profili fake, evitando così di farsi riconoscere.
È per questo che crediamo che non si possa e non lo si debba accettare. Il razzismo è un male da estirpare, lo vogliamo non solo fuori dagli stadi, ma anche da qualsiasi altro ambito, lavorativo e non.
#SIAMOTUTTIBESTIE
[Fonte foto: AnconaNews]
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