Serie A

L’evoluzione del gioco di Juric e un sistema che pare non funzionare più

Analizziamo i tre anni di Juric sulla panchina del Toro

Questo inizio di campionato ha dato chiare indicazioni della situazione in cui si trova il Torino di Ivan Juric. Dopo un avvio decisamente sotto tono a livello fisico, hanno iniziato a susseguirsi una serie di prestazioni che hanno lanciato diversi segnali preoccupanti, in particolare a livello di produzione di gioco offensivo.

Uno dei maggiori problemi riscontrati fino ad ora è, come detto, legato alla poca fluidità di manovra in zona offensiva. Questa, messa in relazione con un’evidente difficoltà nel trovare la giocata risolutiva, ha portato ad una preoccupante sterilità in zona gol.

Dall’aggressione ultra offensiva ad una manovra più costruita

Il primo anno di Juric al Torino ha portato entusiasmo generale grazie ad un’identità di gioco chiara e precisa. Lo schema era quello di aggredire alti, quasi in area di rigore avversaria per recuperare palla il più presto possibile e trovarsi già in zona offensiva con molti uomini per essere il più pericolosi possibile.

Grazie alla fisicità e all’aggressività di molti interpreti, da Pobega a Mandragora, passando per Lukic e Bremer, il Torino riusciva nel recupero palla immediato o nello sporcare la linea di passaggio avversaria andando così a recuperare con facilità le seconde palle. Uno stile di gioco molto essenziale, senza troppi fronzoli, ma molto efficace, in grado di mettere in difficoltà tutte le squadre incontrate nell’arco del campionato.

Seconda stagione con Juric in panchina e la preparazione tattica della partita subisce una mutazione non indifferente. Complice anche delle partenze di Belotti, Pobega, Mandragora, Bremer e, in un secondo momento di Lukic, Juric si è trovato a dover proporre un calcio più votato alla manovra che all’aggressione. Gli innesti di Ricci e Ilic hanno permesso al tecnico di proporre nella zona mediana del campo maggiori geometrie e un giro palla più fluido rispetto a quanto visto nel campionato precedente.

Questo sistema di gioco, che ha visto inserire al proprio interno due interpreti sulla trequarti del calibro di Vlasic e Miranchuk, ha portato sì ad un maggior fraseggio in ogni zona del campo, ma ad un evidente problema in fase realizzativa. In proporzione al numero di occasioni create dal Torino nella passata stagione, i granata non sono quasi mai riusciti a segnare più di un gol a partita.

Sarà colpa della punta?

Sanabria ha dovuto superarsi per riuscire a segnare 12 reti (suo record personale). Il paraguaiano, va ricordato, non è mai stato un vero e proprio bomber. Si tratta certamente di un giocatore tecnico, molto abile nel legare i reparti e nel fraseggiare coi compagni, ma non ha nell’istinto e nella ferocia sotto porta le sue armi migliori.

Si è dunque pensato che il problema fondante della sterilità offensiva del Torino fosse proprio dovuto all’assenza di una punta “bomber”, pensiero che ha portato all’acquisto di quello che potrebbe essere definito l’attaccante di razza: Duvan Zapata.

Purtroppo, fino a questo momento, le difficoltà in fase realizzativa non sono state calmierate dall’entrata in scena del colombiano. Zapata ha realizzato solamente una rete, contro la Roma nei minuti finali, e non ha contribuito in maniera così significativa a livello di pericolosità in area avversaria.

O si è inceppato un sistema di gioco ormai troppo facilmente leggibile dalle difese avversarie?

È chiaro che Zapata sia un attaccante di altissimo livello, nonostante le ultime due stagioni siano state costellate da infortuni muscolari. La sua fisicità e la sua pericolosità sotto porta sono evidenti, come è evidente l’attenzione che le difese avversarie impegnino per cercare di arginarlo in tutti i modi.

Si tratta, dunque, di un problema di gioco ormai troppo prevedibile e privo di fantasia. Si tratta di mettere in condizione di far rendere al meglio le capacità offensive dell’attaccante colombiano, risparmiandogli inutili sforzi e corse all’indietro per trovarsi palloni giocabili.

La squadra di Juric riesce molto bene nel fraseggio palla al piede fino alla zona della trequarti. Una volta raggiunta la zona offensiva i granata sembrano perdere la bussola, sembrano non avere idea di cosa fare e di quale compagno servire. Se gli schemi difensivi sono ben collaudati e portano i loro frutti, sembra ci sia una quasi totale assenza di schemi offensivi che si traduce in una sterilità allarmante.

Il derby giocato sabato sera è un esempio lampante di quanto detto fino ad ora, basti pensare che il primo tiro nello specchio della porta arriva da un colpo di testa di Zapata al minuto 85′.

Dati alla mano, il Torino non è pericoloso, non tira in porta e, soprattutto, non riesce ad esprimere in campo le azioni sicuramente provate in allenamento. Al contrario della passata stagione in cui, come detto, erano evidenti le difficoltà di concludere a rete azioni anche ben costruite e dal grande potenziale, in questa la sterilità non sta tanto nel numero di conclusioni a rete, ma dalla quasi totale assenza di azioni offensive.

Le cause sono certamente molteplici: in primis un’evidente involuzione dei due perni di centrocampo Ricci e Ilic, oltre al solito problema legato alla precisione degli esterni e al loro apporto in fase di rifinitura. A questo si aggiunge il fatto che sulla trequarti Juric non è ancora stato in grado di capire quale sia la coppia meglio assortita per poterle dare continuità. Vlasic sembra spaesato, Radonjic vive di strappi, Seck è pasticcione e Karamoh sembra essere finito in fondo alle gerarchie del tecnico.

Zapata è portato, in questo modo, a dover compiere un compito che non è nel suo repertorio, un po’ come accadeva a Belotti. Deve giocare sempre e costantemente spalle alla porta, macinando metri e metri di campo per cercare un pallone giocabile. Sanabria, a detta di Juric, patisce la concorrenza del colombiano e pare dunque non allenarsi al meglio. Pellegri, infortuni a parte, entra sempre con grande voglia, ma con pochissima sostanza.

Cosa manca a questo Toro e cosa può fare Juric per invertire la rotta?

Apparentemente a mancare a questo Torino per poter tornare ad essere pericoloso in avanti è la scintilla, la giocata che permette alla punta di essere in condizione di andare al tiro. Manca la visione di gioco di Miranchuk e la sua capacità di mettere in porta il compagno con uno dei suoi passaggi filtranti.

Però il russo non è in rosa e Juric, pertanto, dovrà trovare una soluzione sfruttando al massimo il potenziale che ha in organico. I giocatori ci sono, le qualità pure, serve solo capire come sfruttarle al meglio.

Juric avrà l’arduo compito di capire come venir fuori da questa situazione anche dovendo rinunciare al suo ormai marchio di fabbrica: il 3-4-2-1. In questo campionato questo modulo ha portato poche sicurezze e tanti dubbi. Dei due trequartisti nessuno pare abbia l’estro e la continuità che servirebbero per un modulo di questo tipo. E Zapata, come detto è troppo solo e riceve poco supporto dai compagni. La soluzione migliore potrebbe essere quella di giocare con un solo trequartista (Vlasic) e due punte (Sanabria e Zapata) con il paraguaiano che gira attorno al colombiano libero di agire unicamente come punta.

Si tratterebbe di un modulo nuovo per il mister che, più volte, ha ribadito di non amare il gioco con le due punte, ma visti i problemi riscontrati finora, probabilmente sarebbe la scelta migliore. Se poi a gennaio dovessero presentarsi le possibilità di portare a casa il trequartista mancino di fantasia tanto agognato dal mister, allora si potrà pensare di poter tornare a giocare con il vecchio modulo.

(Fonte immagine: Eurosport)

marco.banfo1991

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