Erano mesi, se non addirittura anni, che il Torino non aveva a disposizione un terminale offensivo di peso e di riferimento per i compagni. Lo stesso Belotti, sicuramente più punta rispetto al collega Sanabria, non spiccava per una fisicità straripante o per i centimetri di altezza. Era una punta volta al sacrificio, alla lotta in mischia e dal buon fiuto per il gol, ma non una punta “di peso”. La stagione in cui ha brillato maggiormente è stata sicuramente quella con Mihailovic, inserito in un sistema di gioco volto all’attacco e con due trequartisti alle spalle del calibro di Ljajic e Iago Falque. Negli anni successivi è stato costretto, per varie vicissitudini ad arretrare, a cercare palloni giocabili addirittura dietro la linea di centrocampo. Ciò ha comportato un maggiore dispendio di energie con conseguente perdita di lucidità negli ultimi metri.
Juric nei passati due anni si è lamentato a più riprese, a momenti alterni, della carenza di pericolosità in fase offensiva. Ha dichiarato diverse volte che mancavano giocatori maliziosi, con quell’esperienza necessaria per risolvere partite delicate, per tenere palla negli ultimi minuti permettendo alla squadra di rifiatare.
Il tecnico ha sempre speso ottime parole per Sanabria, giocatore tecnico, molto bravo a legare i reparti, ma con una fisicità nella norma e una scarsa propensione al gol. Eccezion fatta per la scorsa stagione in cui, quasi a sorpresa, è riuscito a collezionare 12 gol (record personale in carriera). Insomma, un giocatore bello da vedere, che sa muoversi bene in campo, intelligente tatticamente e in grado di smistare il gioco, ma non un vero bomber di razza. E Juric, come si diceva, se ne è accorto subito e ha espresso i suoi dubbi in merito ad un attacco di così poco peso.
Estate 2023, quasi allo scadere della sessione di mercato estiva, ecco presentarsi l’opportunità di portare a Torino il tanto agognato attaccante di peso: Duván Zapata. Il colombiano era già stato nei radar del Torino diversi anni fa, prima ancora della sua fortunata avventura all’Atalanta dove ha conquistato i suoi tifosi a suon di gol.
Appena messo piede a Torino, Zapata è stato accolto come il salvatore della patria, colui che avrebbe riportato il Toro a vincere quelle partite che, senza una vera punta di spessore, faticava a portare a casa. Juric lo sa bene, Duván è in assoluto l’attaccante più forte che abbia mai allenato, ed è il riferimento offensivo che serviva per rendere più efficace il suo gioco.
Parole al miele quelle del tecnico croato che dipingono Zapata come un uomo vero, che porta entusiasmo e positività a tutto l’ambiente. Insomma, traspare tutta la fiducia che Juric ha nei confronti del suo nuovo attaccante e difficilmente ne farà a meno.
In queste prime tre apparizioni in maglia granata, l’apporto del centravanti colombiano si è già fatto sentire e parecchio. È il punto di riferimento per i compagni, il giocatore che viene cercato dai lanci lunghi di Vanja, dai cross di Lazaro e Bellanova e in generale dai compagni che gli chiedono un appoggio spalle alla porta.
Non si limita solo a questo il compito di Zapata. Infatti, il colombiano durante l’arco dei 90 minuti, sotto evidente richiesta del tecnico, compie movimenti propedeutici all’inserimento dei trequartisti portando via uno o più uomini attenti a marcarlo. Quindi oltre al peso offensivo, in termini realizzativi e di pericolosità sotto porta, permette ai compagni di inserirsi negli spazi lasciati vuoti per poi poter nuovamente attaccare la profondità dettando il passaggio, per provare a liberarsi al tiro. Sa giocare di sponda, e lo sa fare molto bene, chiude triangoli con i compagni e fa sportellate con ogni avversario senza alcun timore.
Gli ci sono volute solo tre partite (di cui due giocate non per intero) per trovare il gol, un gol pesante di quelli da vero bomber. Contro la Roma, domenica sera, Zapata ha dimostrato che le partite apparentemente perse si possono recuperare. L’attacco alla profondità del colombiano che si lancia per colpire il bel cross di Ilic su calcio di punizione, è la dimostrazione di come si debba credere ad ogni pallone potenzialmente pericoloso.
Malizia, fiuto del gol o istinto, poco conta quale sia la molla che spinge Zapata a compiere quel gesto tecnico, conta il fatto che sia stato proprio lui a compierlo. Questo dimostra due cose: in primis che Juric aveva ragione nel dire che mancava una punta di questo spessore e, in secondo luogo, che ora il Toro sa di avere una soluzione offensiva in più da poter sfruttare.
(Fonte immagine: Calciomercato.it)
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