Partiamo dall’Inter. 8 sconfitte in campionato in 26 partite. 2 punti tra Monza, Sampdoria, Spezia, Empoli e Bologna. E adesso una classifica che inizia a preoccupare in ottica Champions League. Numeri che inquadrano una situazione complessa in casa nerazzurra. Individuare quale sia il vero problema è questione assai complessa, ma proviamo ad analizzare la situazione in modo semplice.
E’ evidente che l’Inter formato 2022/2023 manchi di continuità e, soprattutto, di concretezza nei confronti delle c.d. squadre medio-piccole. Se ai numeri di cui sopra, ci si aggiungono i risultati striminziti e, forse non del tutto meritati, contro ad esempio Verona e Torino, appare alla luce del sole come una delle problematiche stia proprio nel non riuscire ad esprimere il proprio potenziale contro compagini che sulla carta hanno obiettivi totalmente (o almeno parzialmente) diversi.
Il problema è Inzaghi? Beh, forse si. Sicuramente l’ex tecnico della Lazio ha le sue colpe: passi una partita, ma se il fatto si ripete a cadenza frequente è chiaro che anche l’allenatore abbia le sue colpe. La sensazione è che, più che di errori tecnici (che si badi, ci sono), il mister nerazzurro pecchi nella comunicazione, nella permalosità, e nel non ave probabilmente troppo pugno con la squadra. Perchè, cari lettori, dopo la prestazione – e il risultato – contro lo Spezia, accampare scuse ed alibi è assolutamente, secondo la visione di chi scrive, assolutamente inopportuno. E’ ora che tutti, Inzaghi in primis, si assumano le proprie responsabilità, prima che sia troppo tardi: una mancata qualificazione in Champions sarebbe un macigno assoluto sul futuro a breve-medio termine dell’Inter.
L’estate 2022 ha segnato una svolta epocale, almeno apparente, nel calcio femminile italiano: il professionismo. Bene. Molto bene. Il traguardo è assolutamente meritato, oltrechè legittimo, per tutte quelle ragazze che hanno fatto – e continuano a fare – sacrifici abbattendo barriere e ostruzionismi. Fatto così però, il professionismo serve a poco (se non a nulla). E ciò per due ordini di ragione. Vogliamo il professionismo? Bene, richiediamo anche la professionalità degli operatori del settore. Perchè sapere che ci sono squadre di Serie A che non pagano le visite mediche specialistiche o le terapie alle proprie calciatrici è assai poco professionale. Perchè sentire Direttori di Serie B che a titolo di rimborso spese pagano massimo €200 o €300 una atleta che si allena quattro volte a settimane è molto poco professionale. Per non parlare poi di quelle società, soprattutto di Serie C, che non pagano le calciatrici oppure che, laddove la propria tesserata si infortuni sul terreno di gioco sospendono il rimborso spese.
E poi, un’ultima considerazione, che suona più come appello alle dirigenze: liberate le calciatrici dai vincoli contrattuali; non ha senso costringere un’atleta a rimanere laddove non vi siano più le condizioni, oppure, come spesso accade, richiedere cifre al di fuori di ogni qualsivoglia tabella federale.
[Fonte foto: calciospezia]
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