La nostra redazione segue da alcuni mesi il profilo di Tatiana Bonetti, calciatrice classe 1991 in forza all’Inter. La giocatrice, che ringraziamo per la disponibilità assieme alla sua società, ci ha raggiunto ai nostri microfoni per una chiacchierata molto interessante sulla sua carriera e sulla visione che ha attualmente del calcio femminile.
Buonasera Tatiana. Tu sei una di quelle giocatrici appartenenti alla generazione che ha vinto l’Europeo nel 2008, e che poi ha posto le basi per il professionismo. Cosa è cambiato rispetto a quell’epoca?
“Credo sia cambiato di molto l’aspetto mediatico. Quando abbiamo vinto l’Europeo non se n’è parlato abbastanza, eppure era la prima volta che l’Italia femminile vinceva qualcosa. Ad oggi sono stati fatti passi in avanti che speriamo possano crescere ancora. Anzi ne sono sicura”.
Qual è il ricordo più bello che hai da calciatrice, al di là dell’Europeo vinto?
“Oltre all’Europeo, il ricordo più bello penso sia lo scudetto con la Fiorentina, perché l’ultima partita che ci ha dato il titolo l’abbiamo giocata al Franchi, in presenza anche della mia famiglia, e ho segnato un gol. Più di quello non potevo chiedere”.
Ci sono dei rimpianti invece?
“Rimpianti no, penso di aver dato tutto a questo sport. Forse ho preso qualche decisione sbagliata lungo il percorso, ma fa parte del nostro lavoro, e ho cercato sempre di mettermi in gioco”.
Nella tua carriera hai indossato diverse maglie. Qual è la squadra che ti ha dato più soddisfazioni in assoluto?
“La squadra che mi ha dato più soddisfazioni è la fiorentina, sono stati anni talmente belli che non potrei dire altrimenti”.
L’esperienza all’Atlético Madrid ti ha permesso di valutare la mentalità di un’altra nazione. Come è vissuto il calcio femminile in Spagna, e qual è la differenza più evidente con quello italiano?
“In Spagna la cosa che più mi ha colpito sono i centri sportivi. Ti senti completamente una professionista perché hai tutto a disposizione, con la possibilità di allenarti sul sintetico oppure sul manto erboso in base alla partita che affronti il fine settimana. Credo sia una cosa molto importante, sia per i problemi fisici che possono causare molti sintetici, e anche per preparare al meglio le partite”.
L’anno scorso ha visto l’introduzione del professionismo nel calcio femminile, un traguardo che pone le basi per il futuro. Calcisticamente parlando, cosa vuol dire per te essere professionista?
“Per me essere una professionista è un traguardo dopo tanti anni di sacrifici. Sicuramente i frutti di questo traguardo saranno più goduti dalle prossime generazioni, ma io personalmente cerco di lavorare sodo per godermi il più possibile questo momento”.
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