“Diritti tv per i Mondiali femminili? Mah, vediamo, non lo so, onestamente non lo so. Non lo so perché le offerte che abbiamo ricevuto non solo sono basse e deludenti, sono al limite del vergognoso oserei dire. In Italia 200 volte meno che per il Mondiale maschile e ricordiamoci che l’Italia femminile si è qualificata per il Mondiale mentre l’Italia maschile non si è qualificata per il Mondiale.”
Le azzurre si qualificano per i mondiali, ma le si potrà seguire da casa?
Le parole di Gianni Infantino, presidente della FIFA, spiazzano (anche se non sorprendono del tutto) e confermano la difficoltà di sollevare il calcio femminile al pari di quello maschile. Il disappunto in questo caso è duplice: si tratta di un’invisibilità imposta non solo allo sport e alla conquista della parità, ma alla competizione stessa, seppur di portata globale.
La fase finale della Coppa del Mondo FIFA femminile 2023 si disputerà in Australia e Nuova Zelanda dal 20 luglio al 20 agosto. L’Italia esordirà il 24 luglio con l’Argentina alle 19:00, ore italiane. La questione che rimane aperta è se i telespettatori potranno assistere all’evento oppure no, visto che le offerte per i diritti tv fino ad ora sono talmente basse che la Fifa non le ha nemmeno prese in considerazione. Un problema così non si sarebbe mai presentato nel caso della messa in onda del calcio maschile, eppure le calciatrici si sono qualificate per il mondiale, mentre i calciatori no.
Il presidente della FIFA, parlando ai microfoni di Radio Rai (in La politica del pallone), sottolinea l’importanza dell’investimento economico fatto sul calcio femminile e si mostra deciso e consapevole delle critiche che, giustamente, vengono mosse contro la disparità economica in fatto di stipendi tra uomini e donne. La situazione non è semplice, ma le parole del presidente ne evidenziano l’assurdità: è necessario si lavori attivamente al cambiamento. Al contempo rimane innegabile che nonostante i tentativi, l’inversione di rotta debba essere in primis culturale e poi “sportiva”.
“Da quando sono arrivato io alla presidenza della Fifa abbiamo aumentato per dieci, da 15 milioni siamo passati a 150 milioni di montepremi. Ovviamente non siamo ancora al livello del Mondiale maschile, però ci vogliamo arrivare, ma per arrivarci c’è bisogno che quelli che ci criticano, a volte anche giustamente, mettano dei fatti e delle azioni dietro le loro critiche, perchè è facile criticare e poi offrire 200 volte meno per un Mondiale femminile.”
L’esempio di Alice Pignagnoli, che abbiamo avuto il piacere di ascoltare durante la presentazione del suo libro, con la sua recente pubblicazione Volevo solo fare la calciatrice si costituisce come uno dei primi, ma si spera numerosi, movimenti in grado di denunciare una condizione ingiusta e ormai insopportabile. La speranza è che l’attenzione dei media al problema porti a sollevazioni che dal basso permettano di raggiungere la parità nell’autonomia. Il calcio femminile non è una costola di quello maschile ed è bene che sia valutato per il suo valore specifico, dimenticando confronti e sessismo.
“Il calcio italiano è vivo e vegeto, funziona, nonostante tutto verrebbe da dire. È invidiato in molte parti del mondo, ovviamente ci sono cose che vanno migliorate e che non funzionano, però i risultati in generale, voglio dire, non è che arrivino per caso o per coincidenze fortuite.”
Dobbiamo credere che il calcio italiano sia vivo e vegeto, ma se si aggiunge l’etichetta femminile forse lo appare di meno e di certo non per colpa di chi si trova in campo. È cruciale mostrarsi speranzosi, ma lo è soprattutto affidarsi al presente, tentando di spingere al cambiamento ora, senza delegare all’antifona dei tempi migliori.
Autrici: Roberta Mauti e Giorgia Piazza
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