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IL PROBLEMA CULTURALE DELLA VIOLENZA NEL CALCIO E NELLO SPORT IN GENERALE

Una piccola riflessione sui recenti episodi di violenza, fisica e verbale, avvenuti nel calcio maschile, ma il problema non riguarda solo questo sport

La violenza, storicamente, ha sempre segnato le partite di calcio, sin dalla sua nascita nel lontano 1800. All’epoca, era generalmente accettata, poiché era vista come valvola di sfogo. Basti pensare che, in quell’Inghilterra, uno dei passatempi domenicali consisteva nel tirare i sassi contro i galli. I recenti studi socio-psicologici, e il progresso della società, ci danno invece un’altra chiave di lettura. La maggior parte degli sport sono praticati da uomini, quindi la violenza si lega indissolubilmente ai discorsi sulla “mascolinità tossica” e sul “patriarcato“. E se la brutalità è tutt’ora presente, e si è estesa a diversi ambiti, sia sportivi sia della vita quotidiana, vuol dire che esiste un problema culturale evidente.

La violenza nel calcio: un problema storico

Gli scontri del 2 febbraio 2007 in seguito agli eventi di Catania-Palermo. [Fonte foto: Il Giornale]

Il calcio, in Italia e all’estero, ha sempre vissuto episodi di violenza, e soprattutto, è stata quasi sempre considerata “normale” dai media. E di episodi, la storia del nostro calcio è piena. Basti pensare alla morte di Vincenzo Paparelli, colpito da un razzo navale in un derby tra Roma e Lazio il 28 ottobre 1979. Da ricordare anche gli omicidi di Claudio Spagnolo del 29 gennaio 1995, e di Gabriele Sandri dell’11 novembre 2007. A questi, vanno necessariamente aggiunti gli scontri del derby di Catania, del 2 febbraio 2007, e il vagone che fu incendiato dai tifosi della Salernitana nel 1999. E questi sono solo alcuni degli eventi più famosi, ma si potrebbero riempire interi volumi con tutti gli episodi di violenza legati al calcio.

2023: cos’è cambiato?

Un’altra immagine degli scontri dopo Napoli-Eintracht Francoforte. [Fonte foto: Today]

Nulla è cambiato però da questi episodi. La violenza resta un problema evidente, e recentemente l’abbiamo vissuta in una Napoli messa a ferro e fuoco dai sostenitori dell’Eintracht Francoforte. Ma avevamo già visto il disastro provocato dai tifosi olandesi del Feyernoord a Roma nel 2016, senza dimenticare i tifosi del CSKA Mosca che si erano messi a saltare sulle scale mobili della metro. Il problema è ovviamente amplificato dai social network, che in questi casi vengono utilizzati dai diversi capi ultras come mezzo per accordarsi. Ci si dà appuntamento per scontrarsi o tra fazioni diverse, o per continuare la lunga guerra contro le forze dell’ordine.

La violenza nel calcio: un problema culturale

Ermanno Licursi, ucciso il 27 gennaio 2007 al termine di una partita della Sammartinese, di cui era Presidente. [Fonte foto: Il Corriere]

Il problema della violenza, fisica e verbale, non riguarda solo il calcio maschile, ma di fatto è qui che si raccoglie la maggior parte dei casi. Qua la violenza è all’ordine del giorno, non solo nelle serie professionistiche, ma anche nelle gare delle giovanili. E si esprime in tutte le sue forme, dalle parole avvilenti utilizzate per sminuire una persona (soprattutto quando si tratta di donne), agli insulti, e infine alla violenza fisica. Aggressioni, intimidazioni, atti vandalici. E i principali fautori sono i genitori, proprio quelle figure che dovrebbero dare il giusto esempio. Il problema non riguarda però solo loro, in quanto ci sono altre figure professionali – gli allenatori in primis – disposte a qualsiasi sacrificio pur di conquistare il risultato. Questo ostacola la crescita personale dei singoli calciatori. E quando anche gli stessi professionisti, invece di indicare il giusto comportamento, supportano questa mentalità, poi non c’è da stupirsi se poi le nuove leve manchino di rispetto ai giocatori più affermati. Laddove non c’è rispetto e non c’è interesse a coltivare una passione, non può esserci un raccolto florido.

L’esempio degli altri sport

Un’immagine di TikiTaka Francavilla-Falconara, della Serie A Femminile di Futsal. Qua si è registrato un episodio molto bello tra le due tifoserie. [Fonte foto: Ogni Maledetta Domenica]

Ma in tutto questo clima, fortunatamente esistono sport in cui questi casi possono considerarsi isolati. Nel tennis, nel basket e nel futsal, ma anche nel calcio femminile, tutti sport in cui il contatto atleta-tifoso è stretto, ci sono molti esempi positivi. Nel recente weekend della Serie A Femminile di futsal, nello scontro diretto per il terzo posto tra TikiTaka e Falconara (terminato 3-3), le tifoserie si sono unite nel tifo. Forse bisognerebbe ritrovare quell’unione tra calciatori e tifosi, purché ognuno rispetti i propri ruoli. Occorre tornare a vivere lo sport come una passione pura, senza che diventi un’ossessione. I problemi personali devono essere superati con il dialogo e non con il contatto fisico. Perché chiunque ha i propri guai, ma bisogna trovare il modo di superarli con l’aiuto delle persone, e non isolandosi in una spirale di violenza. Bisogna anche tornare a creare ambienti sani e non abusanti, dove ci sia una competizione sana, rispettosa degli altri, senza estremizzare le rivalità. Lo sport può aiutare tantissimo, ma deve tornare ad essere una passione. Soprattutto, deve tornare ad essere vissuto come tale in quegli sport in cui circolano fiumi di denaro.

Sebastiano Moretta

Appassionato di calcio femminile, F1 e ciclismo. Amante della storia dello sport, specialmente quella del calcio femminile.

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