MONDIALI FEMMINILI: 5 CURIOSITÀ CHE (FORSE) NON SAPEVI SULLE EDIZIONI NON UFFICIALI
Alcuni aneddoti che probabilmente non conoscevi delle Coppe del Mondo non ufficiali
La storia della Coppa del Mondo femminile ha origine all’inizio degli anni Settanta. Seppur riconosciuta ufficialmente dalla FIFA soltanto nel 1991, sette anni dopo gli Europei 1984 organizzati dalla UEFA, la massima manifestazione per nazionali aveva già posto le proprie basi. Affluenza di pubblico, giocatrici fortissime e situazioni surreali, sono stati gli ingredienti principali delle prime edizioni non ufficiali. Ecco dunque cinque curiosità che non sapevate sui Mondiali Femminili.
L’affluenza di pubblico nelle prime finali
Il calcio femminile, soprattutto agli inizi, ha ricevuto un’ottima accoglienza dal pubblico, che ha risposto presente ai principali eventi. Vuoi per la curiosità suscitata da quella che sembrava – ed è tutt’ora – una rivoluzione, vuoi perché il livello era ottimo, gli spettatori accorrevano in grande numero. Addirittura alla finale della prima Coppa del Mondo non ufficiale, giocata in Italia nel 1970 tra le Azzurre e la Danimarca, assistettero 40mila spettatori. Numeri raggiunti soltanto, sul suolo italiano, da Juventus-Fiorentina del 24/03/2019 e dal recente Roma-Barcellona allo stadio Olimpico. Ma l’anno successivo in Messico, si raggiunsero vette ancora più alte. Alla cerimonia di apertura si registrarono circa 80mila persone, come riporta Thibault Rabeux nel suo libro “Football Féminin: les Coupes du Monde officieuses“. Alla finale per il terzo posto, riporta sempre Rabeux, assistettero 50mila persone, che sostanzialmente raddoppiarono per la finale. Furono circa 110mila le presenze per l’incontro decisivo tra il Messico e – ancora – Danimarca.
Susanne Augustesen: tripletta da record
Susanne Augustesen è stata una delle calciatrici più forti della sua epoca, nonché una delle pioniere del calcio femminile. La Danese ha all’attivo anche numerose stagioni nella nostra Serie A. Ma è nella finale del Mondiale 1971, che metterà in luce tutto il suo potenziale. Eppure a quella Coppa del Mondo messicana, la Danimarca non avrebbe dovuto nemmeno partecipare. I numerosi rifiuti delle diverse Nazionali però, hanno obbligato gli organizzatori a trovare un escamotage per qualificare un numero minimo di squadre. Alcune formazioni vengono ammesse grazie alle vittorie in amichevole. La Danimarca si qualifica grazie ad un 4-0 contro la Svezia, con la federazione avvisata all’ultimo.
Le danesi sono inserite nel Gruppo B, composto da Francia e Italia, e passano il turno vincendo contro le Blues e pattando con le Azzurre. La semifinale le mette contro l’Argentina, seconda classificata nel Gruppo A alle spalle del Messico. Il risultato della gara però, sarà ampiamente falsato dalla poca preparazione della squadra Albiceleste che, nei giorni antecedenti all’incontro, è vittima di un problema di non poco conto. Il pullman della squadra Sudamericana impatta una camionetta, e 8 giocatrici rimangono contuse. Elba Selva, la capocannoniera della squadra, riporterà le conseguenze più gravi, e sarà costretta a dare forfait. Non sorprende dunque il 5-0 con cui le scandinave chiudono l’incontro.
La finale contro le padroni di casa del Messico (che avevano eliminato l’Italia nell’altro match, pur tra le polemiche arbitrali), si gioca, come detto, davanti a 110mila spettatori. È sarà proprio con questa cornice che Susanne Augustesen correderà il suo “quadro”. L’attaccante, all’epoca quindicenne, mette a segno una tripletta davanti ad un pubblico da record. La curiosità più importante è che Augustesen è destrorsa, ma le sue realizzazioni avvengono tutte con il piede sinistro, quello (in teoria) debole. Il 3-0 finale è dunque tutto merito della centravanti, che così conferma la Danimarca sul tetto del mondo. In Italia poi, conquisterà 5 scudetti, 3 coppe Italia e 8 titoli di capocannoniere.
Squadre di club al posto delle Nazionali?
Un’altra curiosità che probabilmente non sapevate, è che alle prime edizioni dei Mondiali Femminili, non partecipano solo le Nazionali. Le federazioni infatti, non avendo a disposizione un bacino enorme di giocatrici, inviavano direttamente la miglior squadra del proprio campionato. È il motivo per cui, al Mondiale di Taiwan del 1978, partecipano squadre come Union SC Landhaus Wien (squadra austriaca tricampione nazionale), SV Seebach (squadra svizzera con 4 titoli di campione nazionale), Hackås IF (Svezia), Stade de Reims (Francia), Helsinki JK (Finlandia) e le canadesi dell’IODE Roadrunners. Roland Weissbarth, in “Enzyklopädie des Sports: Frauenfußball, Weltmeisterschaften 1991 bis 2019“, riporta tutte le classifiche e i risultati dei Mondiali non ufficiali. Nel 1978 si laureeranno campioni a pari merito sia l’Helsinki sia lo Stade de Reims, mentre nel 1984, lo Xi’an Women’s Tournament sarà conquistato dallo Sting SC, la squadra U19 americana.
Un viaggio non proprio tranquillo
Lo Sting SC, nel torneo del 1984, è anche la squadra involontariamente protagonista di un viaggio ai limiti dell’incredibile, quasi surreale. E non solo perché venne inviata alla manifestazione in sostituzione della nazionale Americana, in quanto la Federazione non ebbe il tempo di organizzare una selezione (la Nazionale Americana sarebbe nata soltanto l’anno successivo). La formazione dello Sting SC, composta da giocatrici U19, in larga parte minorenni, come riporta sempre Thibault Rabeux, è costretta a munirsi di passaporto, visa e biglietti d’aereo, peraltro per Hong-Kong, dove sarebbero state raggiunte da un pullman messo a disposizione della Federazione Cinese. Dopo 19 ore di volo, partito da Dallas, giocatrici e staff attenderanno addirittura altri 120 minuti prima dell’arrivo del bus. La corriera trasporta la squadra verso l’aeroporto più vicino, con 45 minuti di viaggio nella campagna cinese.
E quando questo vagabondaggio interminabile sembra finalmente giunto a termine, la situazione peggiora ulteriormente. L’aereo incaricato di trasportare giocatrici e staff, oltre ad essere scalcinato, fatica a contenere i 40 membri. Il rumoroso mezzo di trasporto parte nel buio più totale, e dopo un’ora e mezza di viaggio, finisce in una zona di turbolenza, durante un temporale molto forte. La tempesta flagella ulteriormente l’aereo, con tanto di pioggia che si infiltra nel telaio e bagna la schiena delle giocatrici. Alla fine però, giunge a destinazione senza altri guai, e la squadra può finalmente raggiungere il proprio hotel. Sicuramente, una delle curiosità più grottesche dei primi Mondiali Femminili.
Mondiale 1988: l’edizione “pilota”
L’ultima curiosità dei Mondiali Femminili non ufficiali riguarda l’edizione 1988. La FIFA, per la prima volta, supervisiona una competizione per “tastare il terreno”. La Federazione Internazionale vuole valutare se esistano concrete possibilità di organizzare una Coppa del Mondo ufficiale, per capire se potesse essere una competizione aperta, interessante ed economicamente appagante. Al giorno d’oggi, possiamo dire sì. La Federazione Asiatica (AFC) sceglie la Cina come sede – esattamente come farà la FIFA tre anni più tardi – e la competizione può avere inizio. Al termine, i risultati sono più che soddisfacenti. 360mila spettatori totali negli stadi, con 45mila persone ad assistere alla cerimonia di apertura, 200 milioni di telespettatori, e soprattutto, nessun problema particolare di organizzazione, convincono la FIFA a prendere in carico il Mondiale del 1991. Il resto, è storia. Per la cronaca, il torneo lo vince la Norvegia, che si impone 1-0 sulla Svezia nella finale di Guanghzou. A decidere, la rete al 58′ di Linda Medalen, che sarà protagonista poi ai Mondiali ufficiali.